martedì 30 luglio 2013

il mattinale  martedì 30 luglio 2013


   per auspicata concessione della Gent' d' S'nigaja inc.


LA CONCORDIA REGIONALE E UNA SCIALUPPA CHIAMATA SENIGALLIA


Se l’arte del governo è spesso paragonata a quella del nocchiero che con mano ferma e tra mille pericoli, guida la nave verso porti sicuri, è molto probabile che il barchetto chiamato “Senigallia” sia arrivato ormai in vista dell’Isola del Giglio. La difficoltà di comporre oggi il bilancio comunale non parla solo di una signora Merkel che costringe i pigs nello stipo del patto di stabilità, ma anche di una cattiva navigazione della politica locale. E dire che da molte parti negli anni passati erano giunti appelli a non chiudere i futuri orizzonti nel Borgo delle Torri, dove con infelicissimo slogan si  tentava di vendere il sole che sorge.
Il nostro Schettino, però,  non si è sbagliato nell’atto di osare nuove vie, nuovi passaggi, ma in quello di perseverare nella vecchia politica del mattone ormai giunta al saldo di un’era; e quando mostrò di non avere paura, fu solo nell’enfasi e nella protervia.
Questa smania di essere primi introdotta nelle retoriche dell’amministrazione dalle giunte luan-rodaniane non ha fatto altro che portare più rapidamente la nostra città sull’orlo del precipizio. Chi si aggiri tra il vuoto che sta sotto la ciminiera e il giardino su cui si affacciano lo Stabilimento Bagni e il Palazzo del Turismo penserà forse che la colpa sia della BCE o del fantasma di Milton Friedman. Oppure di una giunta comunale velleitaria quanto incapace di leggere la realtà. Forse non è così, o forse non è solo così. Forse è solo la corrente che ci spinge mentre noi immaginiamo di guidarla o anche, addirittura, di precederla.
Il caso Italcementi meglio di ogni altro ci ha fatto capire che stavamo sbracciandoci nella corrente. Variamente si è tentato di spiegare il perché la vendita del sole-che-sorge non andava avanti. Si disse per la dimensione imposta agli appartamenti; oppure per l’alto costo del terreno. Si disse che una crisi grave come questa non era in nessun modo prevedibile. Nessuno però riuscì a spiegarsi il perché la Banca delle Marche si fosse esposta così tanto nel finanziare l’operazione, anzi, l'operatore.
Ora, che Senigallia sia solo una scialuppa della grande Concordia marchigiana, lo si vede bene dallo stato in cui versa la banca regionale.  
“La Banca delle Marche”, scrive  Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano di martedì 23 luglio, “si è distinta perché dopo il 2008, mentre gli altri istituti italiani chiudevano i rubinetti alle società immobiliari, ha deliberatamente ignorato la crisi del mattone innescata negli Stati Uniti e ha continuato a largheggiare in crediti al settore”.
“Un altro Montepaschi Siena”, titola l’articolo, per precisare poi che  tra coloro che hanno beneficiato di crediti che oggi mettono nei guai la banca, c’è “il noto gruppo che fa capo alla famiglia Lanari”. Ma sì, lo sapevamo già: un articolo di giornale serve a precisare e a garantire libertà di espressione.
Che meraviglia poi se su quei crediti un’amministrazione comunale pensi di poter costruire consenso e futuro? La virtù di ingannarsi da soli è resa facile dal fatto che poi saranno altri a pagare la disillusione. L’albergo a cinque stelle? Ma fateci il piacere. Per la maggior parte dei senigalliesi era una chimera, per i più riflessivi un falso scopo, un montaggio delle attrazioni. Chissà se nessuno mai osò mai parlarne personalmente a nostri sindaci, o se invece tutti si limitarono, incontrandoli ogni giorno, a stringere loro la mano?    


lunedì 29 luglio 2013

il mattinale  del pomeriggio, 28 luglio 2013


LA CADUTA DELL'ECONOMIA DI CARTA E DI MATTONE

Speriamo non dispiaccia all'ingegner Stefano Bernardini se pubblichiamo un suo commento, breve ma di grande interesse, a un articolo di Leo pubblicato ieri su Senigallia Notizie sotto il titolo "La Concordia regionale e una scialuppa chiamata Senigallia".  

Stanno cadendo insieme le due forme di rendita, quella finanziaria e quella immobiliare, così come sono cresciute insieme da vent'anni a questa parte (qui a Senigallia da oltre un decennio). L'economia di "carta e di mattone", ovvero l'astrazione della finanza con la materialità delle cose (la terra o meglio il territorio). Sono stati anni di grande retorica, ma nella realtà ha vinto la componente più vecchia e pesante dell'economia (il finanzcapitalismo); in urbanistica ha vinto la parte più retrograda e cementificatrice, magari edulcorata con la velina della riduzione del consumo del territorio (dove?, quando?). Adesso ci tocca anche rimpiangere Durpetti. E' crollato il dibattito pubblico sulle trasformazioni urbane, la libertà culturale è stata soffocata dalle suadenti convenienze della committenza da una parte, e dalla suadente patina di "apertura al modernismo" dell'amministrazione dall’altra parte. Eppure continuano a viaggiare imperterriti sulla stessa rotta: l’approvazione del PORU con tutto il viatico di aumenti di cubatura a spasso per tutta la città è emblematico. E c’è ancora chi sogna l’inchino…a ridosso degli scogli.


il mattinale   lunedì 29 luglio 2013


CONTRO L'ATTACCO ALLA CARTA
                                                                        
...e mica vi credevate voi che fosse proprio il movimento cinque stelle a sorreggere, in quasi solitudine, l'edificio costituzionale?


   
Giotto: Francesco d'Assisi sorregge la Chiesa

Luigi di Maio, 27enne deputato M5S, vicepresidente della Camera:

"Vedrete che il governo cadrà proprio sul decreto (anti) costituzionale.
Sono già spaccati sulle riforme. E ppoi tanta gente ancorqa non sa dell'attacco alla Carta. Ma ormai gran parte dei costituzionalisti, come Stefano Rodotà e Gustavo Zagrebelski, si è ribellata al disegno di legge dei partiti riuniti che vuole stravolgere l'articolo 138. Questo articolo, ultimo della costituzione, è importante quanto l'articolo 1, perché stabilisce come si cambia la Carta.  La carta è la casa di tutti e loro vogliono abbattere la porta. Stiamo pensando a un appello pubblico rivolto a tutti i cittadini. E poi terremo una manifestazione a Roma a settembre, nei giorni del voto sul ddl, a sei anni esatti dal primo V-day
In queste settimane potremo continuare con l'opera di informazione dei cittadini. In questo senso, l'appello del Fatto Quotidiano e le tante iniziative che stanno nascendo sono un apporto fondamentale

Contro i partiti che demoliscono l'Italia, e per salvare la repubblica costituzionale, prendi l'iniziativa, informati, aderisci, partecipa, convinciti, convinci, raccogli firme, firma: esprimi in pieno la tua cittadinanza in questa fondamentale battaglia civile.  

domenica 28 luglio 2013


il mattinale   domenica 28 luglio 2013


A FABRIANO: PARLAMENTO IN MOVIMENTO

Ieri sera, a Fabriano, "Parlamento in movimento": Prima tappa nella città che perde in un colpo solo più di 1400 posti di lavoro. Arrivano tutti insieme i parlamentari col treno e non è un treno blu. Porta anche ritardo. Noi li aspettiamo alla stazione. Applausi spontanei, per niente cortigiani. Abbraccio, strette di mano. Nessuna distanza tra gli eletti e noi. Una cosa mai vista. Il movimento sente veramente i propri eletti come cittadini inviati e apprezza la loro sobrietà e il loro strenuo lavoro. Ne apprezza anche i risultati, segnatamente il rinvio dell'abolizione dell'articolo 139 della Costituzione: quello che, soppresso, consentirebbe al governo sconfinato di Letta di realizzare in pieno il programma P2.

Corteo per niente enfatico; per rispetto dei lavoratori vengono ammainati gli striscioni. Al loro posto cartelli con i nomi delle Grandi Scomparse, le aziende delocalizzate o in via di delocalizzazione: Omsa, Bialetti, Fiat e soprattutto INDESIT. Vicino a noi camminano quelli dell'altro meetup, e in quella dimensione ci sentiamo bene insieme. Prove di unificazione sul concreto. 





Il microfono nella bella piazza trasforma quello che per i partiti sarebbe un comizio in una conversazione. Il tema è il lavoro. Parlano i parlamentari di quanto stanno facendo su questo tema - salario sociale condizionato e difesa del lavoro italiano - e su quello della sicurezza; parla Joselito di lavoro sociale come scambio solidale, e si commuove alla sue stesse parole. Neuroni a specchio su tutto l'uditorio. Parla un operaio di Pomigliano: ha chiesto e ottenuto che si faccia una botta di conti su quanto la Fiat ha ottenuto dallo stato italiani dal secondo dopoguerra a oggi - applausi scroscianti - ; e parla Alfio, imprenditore che ha messo su un'associazione che formula proposte per le piccole imprese:  entrambi dicono che hanno trovato ascolto solo nei parlamentari del M5S (tranne casi sporadici). Si parla fino a tardi. 
E questo è il Movimento com'è e come vogliamo che sia. 

venerdì 26 luglio 2013

il mattinale  del pomeriggio - venerdì 25 luglio


città pubblica o concertazione privata? 


Credo che con il documento di indirizzo favorevole al PORU approvato dal Consiglio Comunale l'altro ieri sera si vada componendo il quadro della posturbanistica di questa amministrazione. Seguendone passo passo il dispiegarsi, ci troviamo ormai anche noi nella condizione di poter sintetizzare un nostro pensiero come fortemente divergente da quella che va prevalendo a Senigallia. 

Le stesse figure che l'Amministrazione ha voluto coinvolgere, l'INU e il suo presidente Federico Oliva (a pagamento, mica per amor di causa) come "referente scientifico del PORU", delineano un orizzonte che non ci appartiene. L'entusiasmo dimostrato dallo stesso Federico Oliva, e la sua adesione al ddl Realacci, non fanno che omologare questa politica adottata da Ceresoni - e sopra di lui dalla Regione di Gianmario Spacca - a quella del governo Letta. Sotto il titolo di "Contenimento dell'uso del suolo", non è difficile infatti riconoscere nel disegno di legge di Ermete Realacci procedure volte al rilancio pubblicamente assistito dell'edilizia privata più speculativa. 

Non per nulla i parlamentari 5 stelle hanno depositato una proposta di legge dal contenuto molto più rigoroso. Sul filo della critica si sono alzate molte altre voci, non solo parlamentari: quelle di Salvatore Settis e Antonio Maddalena; del WWF, FAI e Italia Nostra; degli agricoltori dell'associazione Città del Vino; e un gruppo di urbanisti che fa capo al blog Eddyburg di Edoardo Salzano ha avanzato una proposta propria. 

"Del resto - scrivono costoro - come dimenticare che i più perversi strumenti della deregulation e della liquidazione del piano “autoritativo”, cioè pubblico, a favore del piano “concertato”, cioè gestito dagli immobiliaristi, sono nati proprio dall’INU? Perequazioni, compensazioni, trasferimenti di cubatura sono strumenti lanciati dall’Inu". 

Man mano che si va dispiegando, l'iniziativa comunale e il suo apparato consulente si vanno qualificando come espressione politica di regime. Ora, come tengono a spiegare con malriposto orgoglio i nostri amministratori, "il Comune di Senigallia è il primo della regione a dare attuazione alla legge regionale 22/2011", quella appunto che istituisce tutte queste cose. Ma certo: la città più palazzinara delle Marche non vuole essere seconda in questa azione camaleontica di rilancio dell'edilizia sotto le mentite spoglie del risparmio di suolo. 

Mia opinione e desiderio sarebbe che prendessimo da questa circostanza slancio per organizzare in ottobre un convegno dal titolo "Dopo l'urbanistica, cosa?" con la presenza del deputato 5 stelle referente e di quanti possano contribuire a contrastare (Eddyburg, Settis...) questa estrema espropriazione di diritto e ragione. 

Facciamo di Senigallia il punto di svolta su questo tema. Spero vogliate aderire alla proposta. 
il mattinale   venerdì 26 luglio 2013 




IN DIRETTA DALLA STORIA


8 ottobre 2010 d.C: Stipulata la convenzione, si avviano i lavori nell'area della Sacelit Italcementi: "un progetto che promette di trasformare il volto di Senigallia". 


Non perdetevi il riascolto di un documento fondamentale nella storia della città da Brenno ai nostri giorni!

mercoledì 24 luglio 2013

il mattinale   mercoledì 24 luglio 2013


il taglio dell'acqua

Sono 202 i residenti senigalliesi cui l'anno scorso è stata tagliata l'acqua per non avere pagato la bolletta. Prontamente - e giustamente - il Comitato per l'Acqua Pubblica è tornato a ricordare il fondamento giuridico per cui l'acqua non è solo un bisogno, ma anche un diritto di tutti; che dunque non può essere "tagliata" e che anzi deve essere fornita gratuitamente nella quantità minima vitale che è stata stabilita dall'OMS.
In attesa che il Consiglio Comunale si converta a questi giusti principi della cittadinanza, l'esecutivo comunale dovrebbe comunque agire per quello che ad esso compete. 
Infatti il nostro Comune si viene a trovare nella doppia, contrastante situazione di chi da una parte è socio del Consorzio che taglia il servizio e dall'altra deve garantire buone condizioni igieniche in tutta la città. Gli è dunque d'obbligo - sia pure con tutte le riserve che richiede la privacy - che conosca i dati di tutte le utenze che non hanno più la disponibilità di acqua potabile. 
Che profilo sociale hanno i loro titolari?
- può essere che qualcuno si sia dimenticato di pagare la bolletta e nel frattempo abbia provveduto;
- può essere qualcuno che temporaneamente si trova in  difficoltà economiche;
può essere che si tratti di persona che stabilmente si trova in condizioni di indigenza.
Per ciascuna di questi casi si dovrebbe rilevare l'occorrenza e una linea di intervento. 
E' evidente che se la fornitura viene sospesa in uno dei tanti appartamenti non abitati che ci sono nella nostra città non è necessario intervenire come invece si dovrebbe quando è una casa abitata a non disporre dell'acqua. 
In questo secondo caso, immagino che il pubblico dovrebbe provvedere in qualche modo: individuando le singole necessita, come già detto; e poi controllando lo stato di effettiva indigenza dell'interessato e provvedendo nel caso in modo sostitutivo col il pagamento della bolletta. Diversamente, non resterebbe che chiedere l'intervento dell'ispettore sanitario.
Perché la comunicazione comunale non si cura di farci sapere come stanno andando le cose? 


martedì 23 luglio 2013


il mattinale  23 luglio 2013




Scoppia il caso Marche




dall'articolo di Giorgio Meletti "Nelle Marche sta scoppiando un altro caso Monte Paschi", apparso su 
Il Fatto Quotidiano di oggi. Ce n'è anche per Senigallia.


[...]
"La Banca delle Marche si è distinta perché dopo il 2008, mentre gli altri istituti italiani chiudevano i rubinetti alle società immobiliari, ha deliberatamente ignorato la crisi del mattone innescata negli Stati uniti, e ha continuato a largheggiare in crediti al settore. Un'inchiesta del settimanale L'Espresso rivelò nel 2011 che "lo scrigno dei soldi facili della Cricca era stato individuato dai magistrati di Firenze e Perugia nella banca delle Marche. Balducci, Anemone e la loro corte di amici, soci e familiari godevano di percorsi facilitati per muovere denaro".

[...]
"Ma altri sono i gruppi immobiliari che hanno beneficiato di crediti che oggi mettono nei guai la banca. Tra questi il noto gruppo che fa capo alla famiglia Lanari [leggi: area Italcementi, n.d.r.]"

[...]
"Mentre si frantumavano i conti e la reputazione della Banca delle Marche, la politica locale ovviamente non si è accorta di niente, restando intenta come al solito a spartirsi le poltrone nelle Fondazioni e nell'istituto di credito". 


sabato 13 luglio 2013

Ricette facili e grande cucina


LE RICETTE FACILI DELLE CINQUE STELLE
E LA GRANDE CUCINA DELL’ASSESSORE ALLE CASE




Costruire una scuola in tempo di crisi
Dev’esserci ormai un elenco di risposte già pronte nel dizionario politichese, da tirare fuori ogni volta che noi sostenitori del Movimento 5 Stelle ci affacciamo con un’idea o con una proposta: screditarla come “ingenua”, “demagogica”, “irresponsabile”, “irrealizzabile”.
“Una facile ricetta” è l’espressione che stavolta il prontuario suggerisce all’assessore Ceresoni per definire questa nostra proposta a favore di una scuola, invece di sempre nuove abitazioni, da prevedere nel vuoto lasciato dalla mancata costruzione della caserma del Carabinieri in via Cimarosa.
“Attenzione”, ammonisce: “le facili ricette costano poco sia nel progettarle che nel comunicarle; ma poi, quasi sempre, sono inefficaci, non funzionano”. E a dimostrare che la teoria si addice particolarmente alla mentalità del Movimento promosso da Grillo, tira fuori l’esempio di Pizzarotti (sindaco grillino di Parma), il quale per convincere gli elettori a votarlo avrebbe promesso cose che poi non è riuscito a realizzare.  
Lì per lì veniamo colti da un leggero capogiro: intanto perché noi abbiamo proposto una scuola, non scritto una ricetta: semplicemente ci abbiamo ragionato sopra e poi concluso che l’area – con due altre scuole vicine e il grade Parco della Pace - risultava particolarmente adatta ad accogliere la parte mancante di quel  “polo scolastico Senigallia nord” che era stato lungamente nella mente di questa città prima che scomparisse dall’orizzonte della sua amministrazione: la nuova “Mercantini”. Per questo abbiamo annunciato che produrremo nostre osservazioni nel procedimento pubblico della Variante. Quando sarà il momento, poi, l’Amministrazione Comunale valuterà i nostri argomenti e deciderà se accoglierli o no. Noi ci auguriamo che cambi parere e che voglia decidersi per il sì .    
Però a un certo punto ci veniva da ridere. Perché percorrere quasi 300 chilometri di autostrada in cerca di un esempio quando uno anche più calzante ce l’abbiamo qui, a chilometri zero, nell’area Italcementi? Incontriamoci davanti alla gran buca; e adesso dica Lei, assessore Ceresoni: com’è che non ha funzionato la faccenda? Ricetta troppo facile? Speso troppo poco per progetti e comunicazioni? Oppure cosa? E non sarà  colpa nostra se, dopo tanto rimestare di banche e di architetti, adesso Senigallia si ritrova un Movimento a cinque stelle invece che un Albergo a cinque stelle?

Impossibile: mancano i soldi  
Della facilità - intesa come “faciloneria” - della nostra proposta, Ceresoni parla soprattutto in relazione alle risorse che abbiamo indicato come possibili fonti finanziarie da mettere in gioco: soprattutto non lo convince “la facile ricetta dei nostri 5 stelle: cedi due (dirigenti comunali) e compri una (scuola pubblica)”.
Anche qui è necessaria una precisazione: noi abbiamo innanzitutto detto che sarebbe conveniente non pagare più l’affitto dei locali del Seminario - costantemente bisognosi di cospicue manutenzioni trattandosi di un edificio dei secondi anni cinquanta – in modo da convogliare l’impegno di quei 130.000 euro all’anno sulla nuova costruzione. L’altro possibile cespite, ridurre di due unità il parco dirigenti a contratto  profumatamente pagati da questa amministrazione, era sono un’ipotesi da considerare. L’abbiamo avanzata anche per dimostrare che ogni volta che il Comune dice che non ci sono soldi e taglia magari sulle mense dei bambini, in realtà presidia il privilegio del suo costituirsi in casta. Non sarà improprio infatti ricordare che i governi di grande coalizione, abbattendo sostanzialmente ogni limite all’assunzione o conferma di dirigenti a contratto, ci stanno facendo rimpiangere perfino il primo Brunetta, quello che ne aveva fissato un limite entro l’8%. In tempi di spending review non è stravagante pensare di ridurre questi costi che gravano tanto sul bilancio del comune e sulla possibilità stessa di comporne uno.
Ma, come detto, le nostre sono solo indicazioni: se l’autorità comunale si apre alla prospettiva di prevedere una scuola nuova invece che nuovi appartamenti, avrà anche altre opportunità per reperire fondi. Basti pensare che due mesi fa il Consiglio Comunale ratificò un documento di ricognizione di alcuni beni (negozi e ambulatori) facenti parte del patrimonio comunale per una loro rapida alienazione; senza però inserirvi  nessuna motivazione se non quella di una necessità tecnica di redazione dello stesso (leggere per credere) e - cosa più interessante - senza prevedere alcuna indicazione circa l’utilizzo del corrispondente ricavo.
Un altro impedimento che l’assessore ha sollevato appellandosi alla nostra ignoranza è quello che riguarderebbe la proprietà dell’area. “E’ bene ricordare ai nostri che ci muoviamo in questo caso entro un lotto a totale proprietà privata e che […] esso può essere acquistato o espropriato pagando un oneroso prezzo o indennizzo, […]  somme ad oggi troppo onerose per i bilanci degli enti pubblici locali territoriali”.  Neanche su questo abbiamo difficoltà a contraddirlo: intanto perché non è affatto escluso che la proprietà (EDRA) possa preferire un accordo per costruire una scuola anziché affrontare un mercato che non garantisce vendite e magari dover pagare l’IMU sugli eventuali invenduti; inoltre, avendo fatto i conti di quanto costerebbe l’area, abbiamo visto che il prezzo al metroquadro alla destinazione attuale è di 35 euro, e che pertanto l’acquisto sarebbe pari a un anno di affitto del Seminario per la vecchia Mercantini: non dunque inaffrontabile per la comunità; se per converso l’area in questione seguirà il destino che le assegna la Variante, il suo prezzo al metroquadro salirà a 536 euro. Capito il discorso?

Uno schiaffo alla crisi
Insomma, se l’assessore Ceresoni fa strazio dei nostri argomenti per poter dimostrare che 1) di questi tempi un’amministrazione pubblica non può permettersi di costruire una scuola  2) che le sue scelte di costruire abitazioni vanno accettate “senza se e senza ma”, come dice lui,  allora possiamo agevolmente assicurare che si sbaglia di grosso e che - peggio -  induce in errore la città.
Naturalmente per noi questa proposta non manca di riferimenti generali, oltre a quello dell’opportunità specifica di collocare una scuola in un posto che ci sembra adatto. Destinare fin d’ora uno spazio per la costruzione di una scuola, e poi costruirla veramente, sarebbe come dare uno schiaffo alla crisi, offrendo nel contempo una migliore lettura delle responsabilità afferenti e reagendo ad essa con un’opera pubblica ottenuta attraverso un migliore uso del denaro pubblico.
Si tratta esattamente di quella strategia della quale l’assessore ci trova carenti, quando spiega che “governare un territorio […] significa tentare di dare risposte concrete e praticabili ai bisogni vecchi e nuovi della comunità locale entro un programma amministrativo dichiarato”.
Appunto. Proviamo a vedere se e dove ci sarebbe carenza.
Il 4 maggio scorso, nell’atto di comunicare le intenzioni del “Piano comunale per l’edilizia Residenziale pubblica e Sociale”, di cui la Variante in questione non è che un primo passo, l’assessore precisava che nella zona di via Cimarosa l’indice edificatorio dedicato alla Caserma non più costruita verrebbe ridotto della metà in favore delle abitazioni. Ora, pur rammentando che per “consumo di suolo” si intende l’espansione  urbana (sprawl) più ancora che l’intensività dell’edificato, si può comunque riconoscere una riduzione del carico edilizio. Questa però viene ottenuta concentrando l’attenzione della politica comunale solo ed esclusivamente sull’edilizia abitativa e non prendendo in considerazione altro bisogno che quello. Quando, un domani  anche prossimo,  ci si renderà conto che la situazione della Mercantini attuale non è più sostenibile a causa dello stato dell’immobile molto logorato delle crescenti spese fisse, il sempre ripetuto “parametro della vivibilità” e della qualità dei servizi imporrà di trovare una nuova area per il nuovo edificio, magari dentro il Parco della Cesanella; allora addio risparmio di suolo e bentornato sprawl. In definitiva costruire qui la nuova Mercantini vorrebbe dire risparmiare suolo.

Demagoghi e volani
Ma veniamo alla parte più aspra del rimprovero che ci muove l’assessore, là dove dice che “non servono demagogia né belle parole, ma programmi dichiarati e progetti realizzabili”. Dal momento in cui il target dichiarato è quello delle “politiche sociali di integrazione e di solidarietà verso le fasce più deboli e maggiormente esposte agli effetti della crisi economica”, e che questo si può conseguire “partendo anche dall’accesso alla prima casa in proprietà o in locazione in relazione al reddito disponibile”, diventa automatico per lui dare del demagogo a chi propone di fare un’altra cosa: fosse pure quella che si nasconde in quell’“anche”. Per esempio una scuola.   
Qualcosa però ci dice che chi fa demagogia è proprio lui. Anzi più di qualcosa: un sacco di cose. Una vera dialettica dell’ambiguità. Cosa vuol dire infatti che “la presenza di una previsione edilizia privata è necessaria a fondare la sostenibilità economica del processo di conversione delle destinazioni d’uso, rappresentando quel volano in grado di sorreggere il progetto di edilizia residenziale sociale”? Non si accorge l’incauto che la stessa frase si legge anche all’inverso? Come può fare da volano una cosa che non vola? E come potrebbe rilanciarsi un’edilizia privata che è ormai ferma da anni, che semina soltanto invenduti, che propone prezzi da Costa Smeralda prodotti scadenti a bassa qualità di maestranza, in genere subappaltata, e che malgrado quello che si dice, non offre nessun indotto all’occupazione locale; e come potrebbe “il costruttore che costruisce l’Italia” andare incontro al rischio di non vendere se non avesse dalla sua la garanzia pubblica per metà di quello che costruisce? Come potrebbe insomma l’edilizia privata rilanciarsi se non si facesse trascinare dalle garanzie giuridiche e finanziarie che le provengono dal contributo dell’iniziativa pubblica?
Ecco dunque che la parte pubblica mette a disposizione una serie di accorgimenti (ridistribuzione dei carichi, riqualificazione urbana, perequazione, compensazione, diritti edificatori), che sono in gran parte  restyling di quelle vecchie forme più o meno pubblicamente assistite che negli anni ottanta consentirono alla città di crescere come è cresciuta; e tutte le avvolge di ragioni incontrovertibili come quella sociale, per le quali chi non è d’accordo è subito classificato come egoista, classista, razzista e ogni altro improperio che si merita chi prenda interesse per quell’“anche”.  Lo scopo sociale rende santo il mattone e l’obiettivo di ridurre il consumo di suolo gli si inchina davanti. Così celebriamo l’autocostruzione come bella esperienza, quale effettivamente è; a patto però di scordarsi che anche le case autocostruite poggiano per terra. Diverso sarebbe se fossero permesse quelle sole: ci sarebbe allora un’espansione a misura delle forze umane e non lievitata su risorse finanziarie e ambientali strappate alla cittadinanza.
Ebbene, tutto questo l’assessore lo chiama “potenziare l’edilizia sociale all’interno delle politiche di welfare”. E qui ancora ambiguità di fondo. Vuole dirci per favore quali sono, rispetto all’edilizia abitativa, le politiche di welfare? Non certo quelle di rimettere in moto le nuove costruzioni, fossero pure entro aree circoscritte, fossero pure coibentandole a dovere, dal momento che esiste un patrimonio immenso da riqualificare, da rendere energeticamente autonomo e fruibile anche col concorso dell’edilizia pubblica e di quella convenzionata. Dove vanno a imbucarsi invece le energie urbane se da noi si pensa solo a fabbricare il nuovo? Costruire sulla collina sopra Via Cellini sarà pure un diritto acquisito di chi la possiede (ed è giusto rendere merito alle generazioni politiche che gliel’hanno dato, avendo le presenti incassato il beneficio della loro eredità), ma va contro gli interessi di questa città, come il buon Ezio Antognoni già diceva; e una cosa sbagliata non diventa giusta solo perché si consente anche al povero di prendervi parte. Non serve imbandire la tavola del ricco soltanto perché Lazzaro raccolga le briciole.
Del resto è lo stesso assessore che apre la via del dubbio fornendo spiegazioni non richieste: “E’ errato pensare che l’edilizia sociale sia in questo caso la foglia di fico per coprire una speculazione edilizia legata all’edilizia privata”! Ah sì? Allora ci ragioneremo sopra. Intanto però fermiamoci alla nostra osservazione alla Variante: una scuola dove lui, se abbiamo ben capito, vorrebbe costruiti duecento appartamenti, di cui la metà a prezzo concordato.

La causa sociale difesa contro i suoi sostenitori
Non sono poca cosa, se pensiamo al numero; di quanto costerebbero, però, è più difficile sapere mancando precise informazioni; ma quelle si dovevano avere ben prima che la Variante fosse proposta all’adozione del Consiglio Comunale. Soltanto disponendo di cifre potremmo sapere se l’obiettivo verrà colto oppure no; a partire dai dati che riguardano l’entità e la qualità del bisogno. Quelli che fornisce Ceresoni si volgono a  due categorie di soluzioni: sono mille persone, divise a metà tra famiglie che richiedono una casa popolare e metà  che chiedono un contributo per l'affitto.
Si tratta di dati importanti, ma astorici e non elaborati. Le persone che sarebbero interessate al nuovo mercato protetto l’assessore le colloca in “quella cosiddetta fascia grigia appartenente al ceto medio: troppo ricco per essere ricompreso nelle categorie per essere ricompreso nelle categorie legislative riferite alle case popolari, e troppo povero per avere accesso al credito bancario per acquistare la prima casa”. I ceti medi magari ringraziano del pensiero, ma continuano a non sapere se avranno mai i soldi per pagare. poi gli basteranno i soldi per avere la casa pagare.  
L’esperienza insegna che l’enfasi è stata sempre tanta, ma che non basta a garantire che il grande programma venga portato a realizzazione, e forse nemmeno che venga cominciato. Quale “concretezza”, quale “realtà”, quale “operatività” può avere un piano comunale per le case sociali se il Comune si lascia alle spalle una serie di interventi non ancora compiuti o non ancora avviati? Sono stati brillanti nel risolvere il caso delle 18 famiglie sfrattate dal grande palazzone di Via Marche? Bravi. Speriamo però che non ci sia  soltanto Via Cimarosa per risolvere i problemi della città. La stessa edilizia popolare è ferma in Via Mattei e non è ancora partita nell’area dismessa della VECO. Perché non mandate avanti quelle?
La nostra proposta è più piena di futuro della vostra, perché il futuro si costruisce anche così. Essa prevede  un risanamento delle finanze locali a partire da quelle comunali. Se non si comprende che anche le politiche locali hanno responsabilità proprie nell’attuale crisi, il patto di stabilità può diventare addirittura deresponsabilizzante nei confronti degli amministratori pubblici. Noi sappiamo invece che, comunque, qui tocca ballare e qui si balla.
Un’ultima virgola in calce all’invito che ci fa l’Assessore. Nessuno di noi ha mai pensato di “arrivare” a “governare una città”; a noi interessa porre le condizioni perché questa città sappia vivere di se stessa e soddisfare le legittime aspirazioni di chi ci vive. Se avremo un programma politico, quasi certamente affronteremo il problema da un altro punto di vista: quello dell’efficienza energetica totale e della liberazione del cittadino dalla schiavitù delle bollette.  
Ma di questo parleremo più avanti, quando sarà il momento.  

venerdì 12 luglio 2013

INDESIT: CRONACA DI UNA MORTA ANNUNCIATA!!!

I fatti di quest’ultimo periodo riguardanti la Indesit suscitano in noi delle strane sensazioni. Ripensiamo ai discorsi fatti tra di noi, alle riunioni. Ripercorriamo con la mente alcune tappe del nostro recente cammino e le sensazioni si sovrappongono… E’ difficile sintetizzarle a parole, amarezza? rabbia? rimpianti? Nessuna di queste e un mix di tutte…
Ricordiamo come tra i primi atti (18 giugno 2012) i nostri consiglieri vollero depositare queste Mozioni:
Joselito e Sergio avevano particolarmente a cuore questo tema e spinsero subito per dare un segnale. Non si avevano soluzioni in tasca né bacchette magiche, ma l’esigenza di dare uno scossone era molto forte.
Il 20 ottobre 2012 si tenne il Consiglio Comunale Aperto frutto delle nostre Mozioni. Gli imprenditori disertarono il Consiglio in massa!
Uscimmo da questo consiglio con una sola nota positiva. Pensavamo infatti che ora si fosse più consapevoli del fatto che non avremmo più potuto riporre speranze e/o certezze in qualsivoglia salvatore della città. Pensavamo che come primo passo fosse importante capire che non potevamo più fare affidamento su altri che non noi stessi. Presentammo in quella seduta il nostro manifesto per una reinterpretazione dell’economia locale:
Ed in seguito relativo articolo sull’Azione:
Tutte le azioni richieste e votate in Consiglio sono state disattese dall’Assessore Galli e dalla giunta che si è limitata a non gestire alcunchè. Dopo il Consiglio Comunale aperto disertato dalle grandi aziende si era deciso di continuare l’azione con le PMI e gli istituti di credito ma tutto è stato disatteso nonostante il nostro impegno e le nostre proposte.
Ma il tempo ultimamente passa inesorabile qui a Fabriano, più velocemente di quanto un fabrianese mai si possa immaginare basandosi sulla sua esperienza personale di tempo e situazioni immutabili. Si susseguivano tuttavia voci sempre più frequenti di situazioni difficili alla Indesit e volevamo capire come stava evolvendo la situazione. Il 29 aprile 2013 abbiamo avuto un colloquio privato in Indesit con Mariapaola Merloni per chiedere lumi sulle “strategie” occupazionali del gruppo.
A seguito di questo incontro abbiamo presentato una Interpellanza per rendere partecipe e protagonista il Consiglio Comunale di questa situazione:

IN RISPOSTA ABBIAMO AVUTO:
  • Sindaco assente
  • Assessore Galli che farnetica in risposta
Il 6 giugno 2013 abbiamo fatto richiesta di iscrizione all’ODG del px Consiglio Comunale della Mozione_28_IstituzioneZonaFranca un’opportunità per utilizzare gli strumenti comunitari rivolti a quei territori in situazioni difficili.

L’epilogo che di lì a pochi giorni è salito alla ribalta delle cronache è noto a tutti.
Ora dobbiamo chiederci tutti quanti se la soluzione possa essere ancora una volta il ricorso alla CIG per “Limitare i danni”, unica strategia che sembra possibile. OPPURE dobbiamo chiederci se un approccio diverso sia possibile, se possiamo influire sul corso degli eventi come COMUNITA’.

Come singoli non possiamo farcela ma RISCOPRENDOCI COMUNITA’ forse un epilogo diverso può essere possibile.

Staff – Fabriano5Stelle

lunedì 1 luglio 2013

Di Maio e Nuti (M5S): colpo di mano in estate per cambiare la Costituzione

Sette giorni in Parlamento

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