sabato 29 giugno 2013

 il mattinale   giovedì 27 giugno



 segnaliamo
                                                                                                                     

brani da un'intervista della giornalista marchigiana Sandra Amurri a Gino Strada, pubblicata oggi dal Fatto Quotidiano sotto il titolo: "Altro che Repubblica, è un Paese privato".




AMURRI:  Pentito di non aver accettato la candidatura  al Colle proposta dal popolo di Grillo?

STRADA:  Era una proposta-provocazione, il Presidente lo eleggono i grandi elettori e siccome lì dentro ci sono condannati, papponi, pedofili....

AMURRI:  Però il ministro della Sanità lo avrebbe fatto...

STRADA:  Intanto è il premier che forma il governo;  ma se uno qualsiasi, non importa chi, me lo chiedesse seriamente, risponderei: il mio programma è questo: fuori il profitto dalla sanità, nessun soldo pubblico deve più finire nelle tasche del privato, via le convenzioni.

AMURRI:  Emergency dal 2006 opera anche in Italia: chi l'avrebbe mai detto?

STRADA:  Stiamo mettendo in piedi ambulatori mobili. Strutture di alta qualità e gratuite come da diritto costituzionale per chi, e sono tanti, non può più permettersi di essere curato. Stiamo costruendo una sanità non-profit contro quella profit. Sanità che è stata rovinata con l'introduzione del concetto di azienda, che risponde alla domanda"quando bisogna spendere?". "Quanto serve, non un euro di più" [...] Ci dicono che il sistema è in crisi. E il cittadino paga un ticket superiore a quello che pagherebbe in una struttura privata. Mi chiedo: dov'è l'aggettivo "pubblico"? Cosa vuol dire ticket? Da quando in qua bisogna pagare i propri diritti? Il sistema resiste grazie alla volontà di tanti medici e infermieri che operano contro le politiche sanitarie.

AMURRI: Teoria ineccepibile. In pratica?

STRADA: Basterebbe non firmare più nessuna convenzione, riesaminare quelle esistenti e tagliare quelle senza senso, ma non c'è la volontà politica perché la casta ha profondi intrecci con la cricca del settore della sanità.  Perché gli ospedali comprano lo stesso prodotto di Emergency e lo pagano tre, cinque, dieci volte di più? Perché nel gonfiare i prezzi c'è spazio per le mazzette...     



Ognuno può constatare quanto poco si discostino questi pensieri dalle idee espresse dal nostro gruppo di studio sulla sanità.  








venerdì 28 giugno 2013

Facciamoci una scuola




Variante per nuovi appartamenti in Via Cimarosa?

FACCIAMOCI INVECE UNA SCUOLA!
A dispetto delle pie intenzioni sul risparmio di suolo, l’Amministrazione Comunale continua a prevedere condominii con destinazione abitativa. Dove la finalità sociale è funzionale al rilancio del mattone, autentico vizio storico di questa città. Una seria spending review consentirà di trovare le risorse per rilanciare l’investimento pubblico. Ecco la proposta del meetup Senigallia Cinque Stelle: smettiamo di pagare affitti, due dirigenti in meno e col denaro risparmiato costruiamo la nuova Mercantini.
«Leggere i nuovi bisogni della comunità e progettare il governo del territorio in linea con le mutate e rinnovate esigenze dei cittadini del nostro comune».
«Governare il territorio a servizio delle politiche sociali di integrazione e di solidarietà verso le fasce sociali più deboli e maggiormente esposte agli effetti della crisi economica».
«Affrontare gli aspetti sociali della povertà e dell’esclusione sociale partendo anche dal problema dell’accesso alla prima casa in proprietà o in locazione in relazione al reddito disponibile».
«Potenziare l’ edilizia sociale all’interno delle politiche del welfare».
Quante belle parole, Simone, per rilanciare l’edilizia a Senigallia! Ma poi, all’atto pratico, dov’è questa lettura dei bisogni, dove questo affrontare i problemi sociali dell’accesso alla prima casa in proprietà o in affitto? Diamo solo un’occhiata a quello che si prevede nella Variantona comprendente - oltre alla sopraelevazione degli alberghi e ad altre audaci evoluzioni - anche la modifica della destinazione d’uso del “comparto excaserma dei Carabinieri in via Cimarosa”. Il luogo è un ampio spazio “intercluso” che si apre a lato del Parco della Pace. Qui era un tempo previsto che sorgessero la nuova Caserma e le abitazioni dei Carabinieri. Alcune delle abitazioni sono state costruite, la caserma no. Che fare del “vuoto” che ne risulta? Nient’altro che il vecchio ingrediente – propone il Comune: ancora condominii, ancora appartamenti.
L’occasione, se proprio non vogliamo chiamarla “la scusa”, è quella di “evitare che il vuoto lasciato dalla precedente iniziativa determini una situazione di degrado già oggi incipiente”. Che trovata irresistibile quella di associare vuoto = degrado, specialmente per un’amministrazione che ha fatto del risparmio di suolo la sua bandiera! Sembra un tic del dottor Stranamore. In quell’area ci cresce l’erba? Fatela tagliare! Il Comune manda tanti avvisi a tutela del decoro urbano!
Ma quella dello spazio che degrada se non ci si costruisce sopra somiglia più a un tic del dottor Stranamore, un callo mentale formatosi nei tempi in cui urbanistica voleva dire soprattutto ingrandire la città più che si può. In tempi di post-urbanistica ci vuole ben altro: ci vuole l’incastro ecosociale. Facciamo costruire, e permettiamo di replicare la stessa densità media di un quartiere già “densamente abitato”; però – è questa l’ideona che fornisce la più irresistibile delle giustificazioni – il 50% in edilizia convenzionata. “Tale dispositivo”, piega l’estensore della Variante, “persegue l’obiettivo generale del PRG di recuperare quote di edilizia residenziale pubblica attraverso ogni dispositivo di urbanizzazione”.
Ah sì? L’assessore di Venezia che era intervenuto a uno dei convegni delle Nuove Energie Urbane aveva spiegato la faccenda un po’ più chiaramente in relazione agli scopi: quando l’edilizia è ferma e i prezzi sono troppo alti, occorre intervenire per abbassare i costi del terreno e quelli della costruzione in modo da offrire un prodotto commisurato a questi tempi di crisi. E cosa c’è di meglio che appoggiarli sulle spalle dell’edilizia pubblica?
La ricetta, in sostanza, è sempre quella: è fatica smacchiare i gattopardi! E’ per queste espresse ragioni e ragionevoli previsioni che il meetup Senigallia 5 Stelle dichiara al sua contrarietà a questo modo di operare e annuncia fin d’ora che presenterà osservazioni alla Variante perché l’attuale destinazione venga mantenuta, estendendola però alla possibilità di accogliere una scuola al posto dell’abortita caserma.
Da quanto tempo si parla della necessità di costituire un “Polo Didattico Senigallia Nord”? Questo è il momento e questo il luogo. Il vuoto che dispiace tanto all’estensore della Variante può essere riscattato non solo dal degrado dell’erba, ma anche da quello della nuova edilizia, accogliendo la nuova Mercantini. Proponiamo questo nella piena consapevolezza di quanto sia controcorrente rilanciare la spesa comunale in tempo di crisi; perché subito ci si chiederebbe: con quali soldi, please? Ve lo diciamo subito noi con quali soldi.  Per l’affitto della Mercantini il Comune paga 130.000 euro all’anno; aggiungiamo a questa somma quella che spende per la manutenzione di un edificio come quello del Seminario, costruito alla fine degli anni cinquanta; mettiamoci adesso il corrispettivo di due dirigenti in meno, ed ecco trovati i soldi: in dieci anni la scuola è pagata, e per giunta senza uscire di un pelo dal patto di stabilità.
Da una simile previsione scaturirebbero messaggi importanti: una nuova, e  meno adulterabile finalità sociale, una vera riqualificazione della spesa comunale, uno schiaffo alla crisi e alla passività, un’intera città che si risolleva coltivando un progetto che appartiene a tutti. Sarebbe guardare con maggiore fiducia al futuro, senza attendere passivamente che ci caschi addosso. Noi delle cinque stelle ve l’abbiamo detto. Approfittatene, prima che arriviamo.



IL MEETUP DEL SINDACO AL CATERRADUNO

Letterina al Sindaco  
Caro Sindy,                   
la campionatura dei personaggi esibita ieri nella giornata “politica” del Caterraduno ha scarsamente assistito la solerte intervistatrice e svaporato per mancanza di confronto perfino la presenza di un fine politologo come Ilvo Diamanti; ha però portato alla luce quello che sembra essere, ad oggi, qualcosa di più di una semplice aspirazione.
Ti piacerebbe, vero, che fosse un Antonio De Vitto il tuo avversario cinquestelle alle prossime elezioni amministrative? L’idea che si possa scegliere l’avversario ritenuto più controllabile, o addomesticabile, non è nemmeno tanto originale, ma funziona sempre, perché sempre si trova qualcuno che si presta al gioco. Ché se non sei stato tu a convocarlo sul palco, tocca dire che quelli del Caterraduno hanno avuto buon naso nel chiamare l’uomo che meno ti poteva contrastare: fino ad oggi non ha fatto altro se non dichiarare (ad es. il 16 marzo 2013) che “in fondo la città di Senigallia non è poi amministrata così male”!
Ecco perché tra noi usiamo dire che a Senigallia ci sono due meetup: il “Meetup del Sindaco” e “il Meetup dei Cittadini”.
Sarà dura, però, che l’operazione riesca, perché quello che si presta l’hai bruciato tu, Sindy, con le tue stesse mani: non sapevi i “grillini” non partecipano ai talk-show, se non a rischio di essere mandati via?
Se è stata una svista siamo pronti a scusarti; del resto questi giorni per te sono davvero faticosi: hai fatto da matti, su e giù per la complanare in groppa al sidecar,  che poi lo sapevi che non ci si può andare (perché quella è una pista ciclabile, non è così? la più bella pista ciclabile che sia mai stata fatta a Senigallia)!
In quanto all’uomo-che-si-presta a farti da sparring partner, dev’essere che la vanità ha avuto il sopravvento; perché certo lui - capo indiscusso e organizer padrone del Meetup del Sindaco – non ignora che i cinquestelle non vanno a parlare alla RAI.
In quanto poi ai contenuti dell’esibizione, non possiamo che apprezzare la parsimonia dei pensieri del tuo oppositore preferito (ha detto solo che “ascolterà i cittadini”, un po’ pochino anche per l’intervistatrice!): talmente scarsi e inconsistenti da lasciare a ogni altro cittadino più o meno stelluto un ampio campo di investigazioni per un futuro possibile di questa città.  
Un solo dubbio resta, sul quale ti preghiamo della tua opinione: i voti che ti farà guadagnare quel signore lì saranno più o meno di quelli che farà perdere a noi usando il contrassegno delle cinque stelle che - se così vogliamo dire - culturalmente non gli appartiene? Oppure ci guadagneremo noi a lasciartelo in custodia?

Senigallia 5 Stelle

Cittadini punto e basta

giovedì 27 giugno 2013

il mattinale   giovedì 27 giugno

   
IL "MEETUP DEL SINDACO" AL CATERRADUNO
Letterina al Sindaco sull'insostenibile leggerezza dell'essere   

Caro Sindy,
                          la campionatura dei personaggi esibita ieri nella giornata “politica” del Caterraduno ha scarsamente assistito la solerte intervistatrice e svaporato per mancanza di un confronto perfino la presenza di un fine politologo come Ilvo Diamanti; ha però portato alla luce quello che sembra sia, ad oggi, qualcosa di più di una semplice aspirazione.
Ti piacerebbe, vero, che fosse un essere come Antonio De Vitto il tuo avversario cinquestelle alle prossime elezioni amministrative? L’idea che si possa scegliere l’avversario ritenuto più controllabile, o addomesticabile, non è nemmeno tanto originale, ma funziona sempre, perché sempre si trova qualcuno che si presta al gioco. Ché se non sei stato tu a convocarlo sul palco, tocca dire che quelli del Caterraduno hanno avuto buon naso nel chiamare l’uomo che meno ti poteva contrastare: fino ad oggi non ha fatto altro se non dichiarare (ad es. il 16 marzo 2013) che “in fondo la città di Senigallia non è poi amministrata così male”!
Ecco perché tra noi usiamo dire che a Senigallia ci sono due meetup: il “Meetup del Sindaco” e “il Meetup dei Cittadini”.
Sarà dura, però, che l’operazione riesca, perché quello che si presta l’hai bruciato tu, Sindy, con le tue stesse mani: non sapevi i “grillini” non partecipano ai talk-show, se non a rischio di essere mandati via?
Se è stata una svista siamo pronti a scusarti; del resto questi giorni per te sono davvero faticosi: hai fatto da matti, su e giù per la complanare in groppa al sidecar,  che poi lo sapevi che non ci si può andare (perché quella è una pista ciclabile, non è così? la più bella pista ciclabile che sia mai stata fatta a Senigallia)!
In quanto all’uomo-che-si-presta a farti da sparring partner, dev’essere che la vanità ha avuto il sopravvento; perché certo lui - capo indiscusso e organizer padrone del Meetup del Sindaco – non ha il diritto di ignorare che i cinquestelle non vanno a parlare alla RAI.
In quanto poi ai contenuti dell’esibizione, non possiamo che apprezzare la parsimonia dei pensieri del tuo oppositore preferito (ha detto solo che “ascolterà i cittadini”, un po’ pochino anche per l’intervistatrice!): talmente scarsi e inconsistenti da lasciare a ogni altro cittadino più o meno stelluto un ampio campo di investigazioni per un futuro possibile di questa città. 

Un solo dubbio resta, sul quale ti preghiamo della tua opinione: i voti che ti farà guadagnare quel signore lì saranno più o meno di quelli che farà perdere al movimento  usando il contrassegno delle cinque stelle (che - se così vogliamo dire - culturalmente non gli appartiene)? Oppure ci guadagneremo noi a lasciartelo in custodia?

mercoledì 26 giugno 2013

Quello che pensiamo sull'acquisto degli F35 guardatee ascoltate.

il mattinale    mercoledì 25 giugno


todos caballeros

evo/invo/luzione della Bandiera Blu:
una volta segnalava i comuni migliori
per servizi e qualità balneare;
adesso invece ce l'hanno tutti 
e balzano all'occhio solo 
i pochi comuni che non ce l'hanno.
ci siamo tutti livellati in alto?
o non sarebbe meglio forse 
alzare il tiro e creare una bandiera 
un tantino più blu?








lunedì 24 giugno 2013

Il posto dei tulipani neri

Un contributo sull'ICI "dovuta, non denunciata e non versata" relativa alle aree pertinenziali edificabili

Un tulipano neroDunque, il comune perde circa la metà dei ricorsi contro gli accertamenti riguardanti l’imposta ICI “dovuta, non denunciata e non versata” relativa alle aree pertinenziali edificabili. Ricorrono e vincono in prevalenza i pezzi grossi (leggi: i Lanari), o le imprese rilevanti (leggi: SIRA, società che gestisce il Ritz); non la gente semplice che ha una piccola casa con giardino1.
La quale gente in realtà non ci pensa nemmeno a fare ricorso, perché tante sono le difficoltà che dovrebbe affrontare, tra spese, perdita dello sconto al 50% riservato a chi aderisce all’accertamento2, interessi maturati e pagamento dei legali. Non è detto, perciò, che, mancando il ricorso, ci sia riconoscimento della pretesa impositiva e non invece, pantografata, quella metà dei casi in cui il torto del Comune si è palesato a seguito delle sentenze della Commissione Tributaria Provinciale.
Sarebbe proprio ora che l’Amministrazione Comunale cominciasse a rivedere il fondamento degli accertamenti che manda, a partire da dove la vicenda è cominciata.
la vicenda è cominciata nel 2009, quando una sentenza della Cassazione affermò che, ai fini ICI, andava considerata “parte integrante del fabbricato l’area occupata dalla costruzione, e quell’area che, per espressa dichiarazione del soggetto passivodell’imposta […] ne costituisce pertinenza”3.
E già fin da allora non sarebbe dovuta mancare un’obiezione: in che forma si sarebbe prodotta questa autocertificazione, se nemmeno il Comune l’aveva mai previstanei suoi formulari? Una prassi in realtà era invalsa, ed era quella che veniva praticata e accettata da entrambe le parti: se casa e terra si trovavano in particelle catastali diverse ma contigue, una graffa sul confine tra i due perimetri bastava a certificare la pertinenzialità di un’area rispetto all’altra; se la particella era unica, il problema nemmeno si poneva: era pertinenza e basta. “Indipendentemente dalla previsione fatta dagli strumenti urbanistici”4, certo.
Del resto nessun commercialista – della cui professionalità si serve molta parte dei contribuenti – ricevette mai comunicazione pubblica del fatto che fosse necessaria un’autodichiarazione di pertinenzialità; di modo che i clienti non si possono  nemmeno rivalere su di loro per avere ricevuto un cattivo servizio.
Soltanto dopo il 2009, che è la data di quella sentenza, il Comune di Senigallia(come molti altri in Italia, ma non tutti) si accorge che i proprietari pagavano l’ICI come pertinenza della loro casa senza avere fornito espressa dichiarazione di pertinenzialità; ed è su questo appoggio tardivo e malignamente formale – la mancanza di un’espressa dichiarazione – che gli esattori comunali hanno fondato la gran quantità di accertamenti volti a riscuotere il pregresso fin dove lo si può riscuotere, ossia fino a cinque anni indietro. Erano somme pesantissime, capaci di ridurre i tanti piccoli proprietari di una casetta con giardino alla disperazione.
Infatti, molte di quelle aree che i proprietari e lo stesso Comune avevano considerato nei trent’anni che precedettero il 2009 come “pertinenti l’abitazione principale”, si trovavano adesso a dover pagare un’imposta corrispondente alla destinazione che il Piano Regolatore aveva loro assegnato, edificabile in gran parte dei casi; con l’aggravamento che il pagamento doveva partire da cinque anni prima, massimo consentito per riscuotere le somme non corrisposte.
Adesso penso alla casa di Giorgio, che si trova sul lungomare di Ponente: questa casetta ha il torto di essere piccola, e il suo giardino grande in proporzione, e per di più edificabile. Prima che fosse approvato il primo piano regolatore, quella casa era abitata da sua madre e prima ancora da suo nonno. Era del tipo delle casette costruite al tempo del fascio dirimpetto al mare. E non era stato certo lui a chiedere l’edificabilità di quell’area, né che quella parte del lungomare cadesse sotto l’occhio dei pianificatori. Si batté, anzi, con la sua associazione di naturalisti, per difendere il Lungomare di Ponente dalle eccessive costruzioni; e, per quanto lo riguardava, mantenne in modo durevole e coerente il pezzetto di terra a giardino, resistendo a più di un tentativo da parte di proprietari confinanti di convincerlo a costruire. In quel giardino arruffato di piante della duna costiera, Giorgio ha selezionato il tulipano nero PS95/1, dopo lunghi anni di lavoro.
Giorgio vive oggi di una piccola pensione: ecco perché, non potendo in nessun modo far fronte all’esazione dei riscossori comunali, perso per perso, ha preferito affrontare il ricorso. Ma con buona convinzione che gli fosse riconosciuta la ragione. L’esito, però, pubblicato nel novembre dell’anno scorso, è stato solo quello di sentirsi ripetere, stavolta nel corpo della sentenza del Consiglio Tributario Provinciale, che “l’elemento essenziale che permette di determinare se un’area deve essere considerata o meno pertinenza è la dichiarazione fatta dal soggetto passivo al momento della denuncia, indipendentemente dalla previsione degli strumenti urbanistici – questo secondo la ormai citatissima sentenza della Cassazione – ; con la precisazione aggiuntiva che “se l’area non è evidenziata come pertinenza dalla denuncia, come nel caso in questione, allora questa dovrà essere valutata in base alle previsioni del piano urbanistico adottato dalla Giunta comunale che, in questa situazione, ne ha sancito l’edificabilità”5. In altre parole il ricorso è respinto e lui deve pagare ogni anno come se avesse costruito un albergo. Più cinque anni di arretrati.
Ora io non mi sogno di controdedurre gli argomenti dei giudici, verso i quali osservo tutto il rispetto che loro si deve; desidero però sostenere le ragioni di un amico (e di tante altre persone che non conosco ma che si trovano nella stessa situazione) contro una perversa connessione di norme forzate e di poteri autocratici che oggi non lasciano scampo al cittadino che incappa nella loro rete.
A me pare infatti che non possa essere considerato “giusto” un sistema impositivo che costringe il contribuente a rinunciare al possesso di una piccola abitazione con giardino – un bene primario in ogni caso – in nome di un superiore bene comune quale sarebbe quello rappresentato dagli opportunismi interpretativi e ricattatori dei riscossori pubblici. E dunque mi chiedo: è forse a causa del bene comune che Giorgio probabilmente si troverà costretto a cedere ai costruttori il giardino che ha sempre mantenuto non edificato, e questo al solo scopo di coprire il debito che ha dovuto fare per pagare l’enorme supplemento di ICI per il quinquennio 2005-2009, supplemento che gli è stato richiesto in base a interpretazioni sopraggiunte a posteriori? Chiedere che la destinazione dell’area venga trasformata con variante in “verde privato”? Questo varrà per l’IMU, ma come le paga tutte quelle ICI pregresse che gli anno imputato? Coi tulipani neri?
Un’ulteriore domanda: se viene punita coi recuperi forzosi una supposta negligenza da parte di Giorgio (ma perché avrebbe dovuto sapere lui dell’autocertificazione necessaria se il Comune non ne sapeva niente e la stessa Cassazione ci arrivò soltanto nel 2009?), non si dovrebbe coerentemente imputare una negligenza ancora maggiore all’ente riscossore, che per decenni  accettò per buona la sua dichiarazione senza muovere alcun rilievo? Questa loro negligenza quanto sarà costata nel tempo all’erario comunale?
In ogni modo si sarebbe disposti anche ad assolverli, se solo quei signori riuscissero ad ammettere che tanta recrudescenza, sul cittadino Giorgio e su altri che si trovano nella stessa situazione, non sia stata la conseguenza di una linea di condotta coerente e continuativa nella politica comunale, della quale lo stesso contribuente si sarebbe potuto valere; ma – qui sta la menzogna dell’intera operazione – questa esazione l’hanno raccolta alla fiera delle occasioni, dove si spillano soldi facendo ballare l’orso.


1) Per un’informazione generale sull’andamento dei ricorsi alla Commissione Tributaria Provinciale su questa materia si veda il Corriere Adriatico del 28 maggio 2013, Disfatta ICI e TARSU, il Comune perde otto ricorsi.
2) Già, ma come fa un’amministrazione seria ad abbonarti il 50% del dovuto a patto che tu accetti la sua proposta di conciliazione? Non dimostra una gran sicurezza di poter riscuotere, né troppa certezza che non ci saranno ricorsi vincenti…
3) Cassazione, sentenza n. 19638/2009.
4) La formula è contenuta nel “Diritto” che motiva la sentenza di cui alla nota 5.
5) Commissione Tributaria Provinciale di Ancona, sentenza 314/1/12.

domenica 23 giugno 2013

Analisi e riflessione

C’è un problema che unisce gli anziani, che hanno nostalgia del passato e lo dipingono come fosse l’età dell’oro, e i giovani, che pensano di avere davanti il nulla: la mancanza di spazi e di orizzonti.
Cinquant’anni fa, se eri un povero contadino pensavi che esisteva una via di fuga dalla miseria: la prospettiva di emigrare. Oggi non sentiamo più lo spazio delle possibilità. Penso al significato che hanno avuto negli anni Settanta due fenomeni: il raddoppiare delle piccole imprese e le centinaia di migliaia di persone che hanno aperto una piccola attività in proprio: dai negozi alle società di consulenza, fino alle pensioni a gestione familiare della Riviera adriatica. Anche l’operaio che faceva il secondo lavoro nel fine settimana trovò il coraggio per mettersi in proprio.
Erano persone modeste e non amavano il rischio, ma sentirono un grande spazio di crescita davanti a loro e, alla fine, si ritrovarono non dico ricchi, ma certamente agiati, non ci fu però un allargamento solo dello spazio economico, ma anche di quello sociale: con il divorzio e l’aborto mutò la società, infatti c’era lo spazio per cambiare marito, moglie, per farsi una nuova famiglia e quello di decidere quando fare un figlio.
Non sono stati soltanto terrorismo, soltanto la “notte della Repubblica”, ma anche un grande cambiamento economico e sociale che non ha avuto cantori, che non è stato riconosciuto come patrimonio comune.
La prima guerra mondiale non ci ha lasciato solo i 700.000 ragazzi caduti sull’Isonzo, ma i canti degli alpini, una retorica fortissima che ha fatto la sua ricomparsa anche in epoca resistenziale e ha lasciato una traccia profonda nella nostra società. Anche il fascismo è stato un orizzonte di senso e uno spazio, con la sua propaganda sulle nuove colonie e sulla formazione di un sentimento antioccidentale. Gli anni del nostro cambiamento, invece, sono cantati solo dalla nostalgia degli anziani. Nessuno ne ha fatto narrazione, per cui l’unica voce è la nostalgia per ciò che è stato.
Nel rapporto Censis del 1971 parlava per la prima volta di economia “sommersa”, stimava che c’erano oltre 4 milioni di spezzoni di lavoro che non venivano catalogati da nessuna parte, erano secondi lavori: muratori, idraulici, meccanici, ristoratori. Esisteva un campione immenso di variabili: il capo del personale dell’Atac, l’azienda dei trasporti pubblici di Roma, mi confidò allora che i secondi lavori erano la sua rovina, poiché impedivano qualunque razionalizzazione o cambio turno. “Pensi” mi disse “che l’altro giorno ho chiesto a un vecchio autista di passare al servizio serale: pensavo fosse una mansione più leggera e meno stressante, visto che c’è meno traffico. Ma lui mi ha scongiurato di non farlo, spiegandomi che gestiva i ‘fuochetti’ sulla strada a Tor di Quinto. Aveva ricevuto l’incarico da dodici prostitute di tenere accesi i fuochi a cui si scaldavano durante la notte, mentre aspettavano i clienti.” 
Nell' analisi del 1974 gli stracci di Prato, gli scarpai di Fermo e delle Marche, i piastrellisti di Sassuolo, i conciatori di San Miniato e Santa Croce all’Arno, il distretto delle scarpe da montagna e degli sci di Montebelluna.
Tutto questo è stata la spinta propulsiva dell'Italia , ci ha portato ad essere la 5° potenza al mondo.
La spinta propulsiva del nostro Paese è durata quarant’anni, dal 1950 al 1990, abbiamo iniziato a renderci conto del rallentamento, della fine di questa grande corsa cominciata con la ricostruzione del dopoguerra, solo alla fine di quel decennio, allo scoccare del nuovo millennio. Si è trattato di fenomeni collettivi e individuali insieme, perché soddisfacevano i bisogni dei singoli ma, nel contempo, facevano parte di processi sociali di massa.
Negli anni Novanta si fa strada una nuova filosofia di vita che celebra l’idea di tornare ad abitare nei piccoli paesi del Centro Italia: ordinati, sicuri, puliti, protetti, con una maggiore qualità del cibo, dell’aria e della vita. Ma è anche il ritorno allo spazio piccolo e stretto, è una chiusura degli orizzonti, una fuga dalle contaminazioni, e questo è il segnale della crisi, il ritorno al paese sembrava una cosa bella e romantica, invece adesso sembra triste perché ci parla di una società che si è ritirata.
Come possono vivere i più giovani in un Paese che ha smesso di crescere?
Probabilmente abbiamo toccato il punto più basso, siamo in una fase di adattamento e abbiamo smesso di cadere, anche perché peggio di così, in termini di cultura collettiva, mi sembra difficile andare. Siamo entrati in una fase in cui il ciclo dell’individualismo estremo si sta esaurendo, per cui avremo qualche anno senza nuove spinte ma anche senza passi indietro.
Il primato dell’Io non convince più, e il concetto di libertà individuale è stato degradato, ridotto alla soddisfazione di ogni pulsione in modo sregolato. Non è pensabile che tutto sia tuo: il lavoro, il tempo libero, le vacanze, il corpo, il peccato; che tutto sia soggettivo e mai visto in rapporto agli altri. Questo ciclo, che ha avuto come messaggio politico lo slogan “Arricchitevi e fate quello che volete”, è consumato e sta per finire. Nei prossimi cinque anni cercheremo nuovi spazi, torneremo a sentire che la speranza è anche un fenomeno collettivo, ma non penso che le cose si ripresenteranno con le forme del passato, penso piuttosto che assisteremo a nuovi scenari: nuovi modi di fare squadra, di collaborare per fare sistema. Se ne vedono le tracce nelle alleanze strette da piccoli comuni, che si mettono in rete per condividere i servizi, o nell’associazionismo di categoria, che ha smesso di frammentarsi e cerca nuove forme di unità. Ma cosa sta succedendo oggi davvero non lo sappiamo, forse lo vedremo con chiarezza tra quarant’anni, e sarà il mondo dei miei nipoti, sarà il futuro che saremo stati capaci di costruirgli.


sabato 22 giugno 2013

Buongiorno

Questo tempo è gravido di avvenimenti … non lo sprecate. Quando ci libereremo dalla superstizione, dai pregiudizi, quando trionferà la verità, il diritto, la ragione, la virtù se non adesso? Quando risorgerà l’amor della patria? Quando? Sarà morto per sempre? Non ci sarà più speranza? Io parlo a voi… Ora è il tempo… O in questa generazione che nasce, o mai. Abbiatela per sacra, destatela a grandi cose, mostratele il suo destino, animatela.
GIACOMO LEOPARDI, Dell’educare la gioventù italiana, 

giovedì 20 giugno 2013

Pensiero del mattino

In un mondo che è terrorizzato da <<La guerra preventiva>>  noi viviamo in un paese che ha santificato la << rinuncia preventiva>> una resa senza combattimento proposta come miglior antidoto alle delusioni. Meglio non provarci neppure, cosi eviti di sprecare energie , ma sopratutto di rimanerci male.
Bhe io non ci sto, sono dell'idea che provare ha i suoi risultati. Nulla è dovuto ed ognuno di noi si crea il suo futuro, perciò siamo noi a dover tentare e portare avanti il nostro futuro e quello dei nostri figli.

lunedì 17 giugno 2013

Ipotesi di processo alla politica Italiana



Il debito di 1900 miliardi di € accumulati dal 1948 ad oggi, è all'incirca uguale a quello che si è avuto alla fine della I e II guerra mondiale. Naturalmente rapportato ad oggi come asserito da più di un economista. Per questo motivo, la popolazione Italiana dovrebbe costituirsi parte lesa e pretendere un processo nei riguardi di chi ci ha governato fino ad oggi.
Tale processo dovrebbe essere senza prescrizione, in quanto i danni morali e materiali ricadranno su parecchie generazioni future.
La magistratura avrebbe la totalità delle prove per stabilire i colpevoli di un tale sperpero di denaro pubblico.
Sprecato per avidità personale, per acquisire consenso elettorale e per la conservazione del potere.
La pena dovrebbe prevedere la restituzione da parte dei colpevoli di tutto il denaro sprecato, e il ritiro di tutti gli indennizzi percepiti,  il carcere sarebbe il minimo delle pena.
I numeri degli imputati si aggira sui 3 milioni di persone, un milione sono i nostri politici nazionali, due milioni fanno  parte della criminalità organizzata, che insieme ad i primi strangolano la popolazione italiana portando la nazione al collasso sociale.
Questo processo potrebbe essere paragonato al processo di Norimberga, dove la gerarchia Nazista è stata giudicata per crimini verso l'umanità.
In questo processo giudicheremmo dei criminali che per il proprio interesse hanno soggiogato un intera Nazione, la nazione è l'Italia e un processo del genere non verrà mai istituito, a meno che noi Italiano non cominciassimo a credere nelle nostre capacità e nella Nostra Nazione.
SVEGLIA ITALIA!

mercoledì 12 giugno 2013

il mattinale   mercoledì 12 giugno 2013


PIOVE

Una volta si diceva che i guai vanno sempre a due a due finché sono dispari. Ed ecco che, puntualmente, nella crisi parossistica del bilancio comunale, tanta gente fa causa al Comune. Piove sul bagnato. Adesso è la Manutencoop Servizi Ambientali S.p.A, quella, per intenderci, che gestiva la raccolta dei rifiuti prima dell'attuale, a mandarci il conto: ingiunzione di pagamento di 750 mila euro. Per quale motivo non è scritto nelle delibere e non è detto dai giornali. Li avanzano. Per difendersi (ci?) il Comune deve pagare un altro avvocato: con quale probabilità di riuscita è un'altra cosa che nessuno riesce a capire, semplicemente perché non ce lo fanno capire. Si va avanti così, a la buona de Diòs. 

Una volta si diceva anche che chi sputa in aria i casca adoss. Infatti ripercorrendo la storia della gestione della raccolta dei rifiuti si vede che due sole cose funzionano: la qualità dell'impegno dei cittadini nella separazione (un sacco meglio di quelli di Jesi) e il pagamento della Tarsu. Tutto il resto è una sequenza di difficoltà e fallimenti. Prima c'era la Lucente, ora fallita; poi sono subentrati questa qua, che fanno parte dello stesso raggruppamento, politicamente vicino al partito prevalente 
nell'Amministrazione Comunale. E noi non abbiamo l'ombrello.
Per converso  chi opera privatamente sotto convenzione va a gonfie vele. Ci sarà un perché?   

Ehi voi, lassù: se ci siete ancora, fateci sapere perché esattamente ci (vi?) chiedono tutti questi soldi!


lunedì 10 giugno 2013

Noi per Voi: il grigio

il mattinale - lunedì 10 giugno 2013

per la serie "notizie da un Comune virtuoso"





Ci giunge notizia che in molte strade frazionali dalla parte di Sant'Angelo sabato mattina sono stati asportati dal personale di servizio tutti i cassonetti del grigio. Questa operazione ha comportato un notevole disagio ai residenti, alcuni dei quali hanno comunque depositato i loro rifiuti nel posto in cui il Cassonetto si trovava prima. Non credo che la notizia, una volta verificata, possa essere di poco conto: da vario tempo ormai la raccolta differenziata pare più un servizio che noi facciamo noi a loro, che loro a noi.  Dove "noi" sono i cittadini che pagano e "loro" l'amministrazione che governa.
Qualcuno del Comune che ci voglia rispondere?


domenica 9 giugno 2013

il mattinale   domenica 9 giugno



  todos a la zafra

Un resoconto del "Confronto pubblico col Sindaco Mangialardi sui tagli alla spesa del Comune di Senigallia", tenutosi tre sere fa all'Auditorium San Rocco. 
San Rocco strapieno la sera di giovedì 6 giugno, e confortante visione di tanti ragazzi all’annunciato “Confronto pubblico col sindaco Mangialardi”. Fosse solo per questo, un successo degli organizzatori “Precari United” e circolo “Arvultura”. Il tema dei “tagli al Comune di Senigallia” era di quelli che, come un cannone, possono fare sfracelli oppure difendere le città in ragione di dove li volti: una critica aspra oppure un’amnesia collettiva. Il fatto, però, che le parti (il Sindaco e i due promotori) si siano accordate per questo confronto fa pensare che esista comunque tra loro una qualche omologia che li rende comunque confrontabili. Possibilmente nessuna critica e proposte non troppo divergenti. Dentro le case oggi si fanno discorsi assai meno omologabili, rispetto ai quali questo confronto pubblico potrebbe somigliare ai dialoghi delle carmelitane.
Il sindaco arriva in bicicletta, come si conviene. Si può cominciare. Confesso che, vedendo la sua barba attraversare la sala, mi passa come una nuvola un pensiero: “La zafra di Fidel ha dato un buon raccolto”. E quando mai un sindaco in braghe di tela riesce a raccogliere tanta attenzione, di giovani per giunta, se prima non ha seminato in abbondanza?
Se è per questo, la semina c’è stata di sicuro, tanto che, a questo punto di maturazione, si può dire che per i ragazzi la sera di San Rocco sia una prova di maturità ben superata, almeno per ciò che riguarda una certa capacità di interlocuzione; per lui la conferma di un investimento a lunga termine che, iniziato ai tempi del Cantiere Okkupato (occupazione assistita e occupanti come specie protetta e controllata a distanza) si trasforma oggi nell’opportunità di un reciproco appoggio, sia pure in qualche modo contrapposto, così come due carte si sorreggono a vicenda per formare un castello.
Una presentazione sobriamente orientativa. Si parte dalla considerazione che “spesso le soluzioni alla crisi sono peggiori del male”. Il Confronto vuole appunto cercare soluzioni alternative a quella dei tagli alla spesa sociale, e allo scopo la proposta converge su due macroaree:  1) BILANCIO: come un cittadino ne può diventare attivamente partecipe? 2) LAVORO: come un’istituzione locale può favorire il lavoro?
Tocca subito a Nicola tratteggiare una sintesi di cos’è la crisi e del perché ci fa così male. Nel contesto evolutivo di un potere finanziario internazionale, l’Unione Europea impone come soluzione alla crisi le stesse politiche che l’hanno generata: richiesta del pareggio in bilancio e sottoscrizione del patto di stabilità. La loro implementazione determina un sostanziale esautoramento delle politiche nazionali e, a caduta, quelle degli enti pubblici decentrati, Regioni e Comuni, che sono il terminale sui cui impattano le politiche di austerità. Questa situazione fa in modo che i sindaci siano ridotti a fare gli esattori o a fare gli sceriffi, o entrambe le cose. Di qui l’importanza di restituire potere politico agli enti locali. Questo significa che bisogna prendere il toro per le corna e tentare di disarticolare il patto di stabilità, e così liberare i cittadini dal peso soffocante dell’alta finanza.
Da questa disamina scaturiscono alcune proposte. Una è che il Sindaco si faccia capofila di sindaci di un’area vasta allo scopo preciso di disarticolare il patto di stabilità: sarebbe il modo migliore per rigenerare il rapporto primario che corre tra ente e cittadini. Dove trovare poi i soldi per rilanciare gli investimenti  pubblici? Presso la Cassa Depositi e Prestiti, oggi diventata S.p.A.: i sindaci potrebbero chiedere il ritorno della Cassa all’utilizzo pubblico. Non solo: potrebbero coinvolgere anche le città gemellate, in modo da dare una dimensione più ampia e capace di confronti alle loro iniziative. Infine: si dovrà fare un bilancio partecipativo fatto non solo di trasparenza, ma anche di vincoli convenuti con i cittadini, in  modo da garantire la continuità di welfare municipale.
Nicola ci concederà di riassumere le sue proposte in questo modo - il più possibile sintetico e fedele - così come perdonerà se subito avvistiamo nel suo ragionamento quel minimo comune di cui abbiamo detto, che rende principe e protestanti in fondo così omologhi tra loro. Perché è vero che le amministrazioni locali sono diventate il terminale di ogni austerità imposta; ma è anche vero che nella ricostruzione di Nicola  l’Amministrazione Comunale viene scaricata di ogni responsabilità nell’eziologia di molti aspetti locali della crisi e negli atti (da sceriffo o esattore, quel che sia) che l’hanno seguita; di più: il Sindaco, assimilato integralmente alla parte di colui che (in nome e per conto di noi cittadini) subisce il rigore mortificante richiesto dalle Merkel e dai Monti, verrebbe addirittura sollevato a primo rappresentante di un programma di “disarticolazione” del patto di stabilità e di rigenerazione della finanza locale come quello che loro dipingono, qualora lui accettasse di farsene interprete e guida.
Su questa falsariga il Sindaco può muoversi senza paura di trovare inciampi: nessuna accenno a merendine  o a negozi e palazzi messi in vendita lo viene a turbare. Cosi può declinare addirittura con modestia l’invito a capeggiare un commando di sindaci contro l’austerità, ricordando che lui in fondo è “solo il sindaco di Senigallia”, e che in fin dei conti esiste pure un’ANCI, che è l’Associazione dei Comuni Italiani; lui comunque non si è mai tirato indietro quando è stato il momento, pur essendo “consapevole  dei limiti d’azione di un ente locale che però non intende rinunciare ai suoi compiti e alle sue prerogative.
Pensare ad azioni combinate dei sindaci però lo preoccupa, perché vorrebbe dire che siamo arrivati proprio all’ultima spiaggia; e poi bisogna aggiungere che il sindaco di Senigallia ha fatto scelte molto diverse da quelle dei sindaci di altre città: basti dire che uno ha addirittura venduto le quote della partecipazione alla gestione del Servizio Idrico per fare il bilancio!
Del resto è sotto gli occhi di tutti che la UE “crea condizioni di disparità tra i cittadini”, e che “lo stato non ha fatto niente per utilizzare in modo conveniente le politiche europee… Noi avevamo un debito pubblico fatto di cattiva politica e cattiva amministrazione. Non abbiamo investito nella ricerca, nei giovani e nel lavoro”. Non si tratta solo di un problema di finanza: “Qui parliamo anche di crisi morale e di crisi della democrazia, della politica e dei partiti”.
Per contro - o a conferma del carattere specifico di questa crisi – se da una parte è anche vero che la crisi viene completamente scaricata sui Comuni, bisogna anche dire che questo non è avvenuto in Germania e nemmeno in Francia: per questo è perfettamente inutile interpellare i comuni nostri gemellati di Lörrach e Sens: se loro vanno più o meno bene, “noi viviamo invece una situazione tragica”. Oltretutto, “più un comune ha fatto iniziative giuste e più viene penalizzato dal patto di stabilità”, perché il patto di stabilità blocca la spesa dell’ente locale, quella su cui la politica locale ha investito.
“Al presente noi potremo pareggiare il bilancio quando avremo risparmiato sei milioni di euro”. E non ci può consolare il fatto che oggi il 95% dei comuni non hanno il bilancio, così come anche noi andiamo avanti senza bilancio. Prima lo approvavamo regolarmente entro il 31 dicembre dell’anno precedente; oggi c’è il rinvio alla fine di settembre. La parte relativa all’IMU sulla prima casa non è attiva: noi l’abbiamo ribassata da 3 a 2,50, ma ci rimetteremo, perché quando poi a noi verranno trasferite quelle quote, gli altri verranno rimborsati fino al 6%; la TARES è rinviata, ma noi pagheremo la TARSU quando il conguaglio sarà sulla TARES”.  
E dire che lui aveva per tempo previsto il tracollo: “Nel 2010 incontrai e avvisai il Consiglio Comunale della situazione che si stava preparando”.  Adesso è difficile anche pensare che si possa fare un bilancio partecipativo, dal momento che  “non abbiamo neanche un bilancio!”
Questo è appunto il discorso del Sindaco. Dove lui non accenna, né qualcuno gli chiede, come mai, a dispetto di tanta veggenza, ci ha impelagato in una serie di imprese senza soluzione, e di tale affidabilità che non solo ne è risultata sballata la previsione delle entrate, ma hanno messo in crisi addirittura il Consiglio di Amministrazione della Banca delle Marche. Cosa porta un comune e una banca a compiere simili errori di valutazione? In quanto poi a quel 2010, vorremmo si tornasse ad ascoltare con quale enfasi e sfoggio di grandeur veniva in quell’anno presentato il progetto dell’Area Italcementi.
Ad Alessandro, di Precari United, è assegnato il compito di parlare di bilancio partecipativo e di esporre proposte per realizzarlo. Lui si apprende proprio al fatto che non c’è bilancio. “Appunto”, dice. “Se vogliamo contrastare le politiche di austerità, che poi comportano il saccheggio dei beni locali, e proprio  perché non si riesce a fare un bilancio, è necessario chiamare la partecipazione democratica. Se la coperta è corta l’importanza delle scelte si fa anche più grande. Occorre individuare la priorità delle scelte.
Ed ecco come potrebbe funzionare un bilancio partecipativo: “organizzazioni di prossimità, quartieri, frazioni, dibattono sui problemi dei rispettivi territori e forniscono consigli per formare il bilancio. E’ la logica della rappresentatività politica che lo richiede: la logica della rappresentanza non è più sufficiente. Lanciamo un tavolo di partecipazione che dia orientamento e radicamento al bilancio, raccogliamo le firme e presentiamolo in comune. Se non viene accettato, poi non andate a lamentarvi contro i populismi! L’Amministrazione scelga!”
E noi che siamo tra i più indiziati di “populismo” troviamo in questo ragionamento orizzonti interessanti e una forte affinità con quelle che noi (Senigallia 5 stelle meetup) chiamiamo “comunità sistemiche”, la cui proposta, già articolata una decina di anni fa, alcuni di noi avevano sottoposto a Luana Angeloni e lei messo agli atti, in relazione a una possibile “Comunità Sistemica della Collina tra Misa e Cesano”, con alcume specifiche proposte misurate su Scapezzano. E’ ancora su questo piano che stiamo lavorando. Se noi non ci meravigliamo della loro attenzione a queste prospettive, ma anzi la salutiamo con piacere, speriamo che anche loro non dispiaccia che una formazione battezzata come “antipolitica” e “populista” (che a Senigallia ha ottenuto più consensi di qualsiasi altra formazione politica) se ne stia occupando.
Affrontando il tema della trasparenza, Daniele introduce finalmente in modo esplicito una categoria che finora non si era proposta con sufficiente nitore: la distanza che c’è tra comune-amministrazione e  comune-cittadino. La politica della condivisione cos’è? Noi eravamo contro la Complanare. La condivisione non ammette anche il disaccordo? E perché non ci siete stati a sentire? Il bilancio come è scaricabile dal sito del comune è illeggibile. E’ capace il Comune-amministrazione di renderlo accessibile ai non esperti? E infine “occorre procedere alla salvaguardia degli equilibri di bilancio almeno ogni tre mesi”, al che il Sindaco ha modo di precisare che “oggi la salvaguardia è addirittura mensile”.
Il “Confronto” serale di San Rocco non finisce qui: continua con un abbondante divagazione sui temi proposti che non possiamo registrare se non vogliamo dedicare più di due giorni all’attività di trascrizione. Noi l’abbiamo fatto a beneficio di chi frequenta il meetup e anche dei soggetti intervenuti, cercando di separare nettamente le parole riportate da quelle che costituiscono il nostro commento; che è molto favorevole rispetto ad alcune prospettive come detto sopra, ma sostanzialmente in disaccordo dove non c’è percezione del versante specificamente locale del disastro come correlato con quello generale provocato dal sistema politico-amministrativo (come appunto diceva il Sindaco tirandosene fuori) e dove non c’è la radicalità necessaria per volgerlo in concreta speranza si salvezza. Noi infatti ci muoviamo in una prospettiva che non colloca sindaco, amministratori e apparati soltanto in un insieme orizzontale di amministratori sedotti e abbandonati, ma anche e soprattutto in un insieme verticale-trasversale che chiamiamo “casta”, e che, pur oggi scaricato all’ultimo posto, è stato per anni ed è tuttora partecipe di quegli interessi. La stessa struttura amministrativa, la sua composizione, coniata e costituita sullo quello schema, è oggi radicalmente inadatta e bisognosa di profonde modifiche se davvero vogliamo gestire la crisi in un modo diverso da quello di un esattore o di uno sceriffo, e guidarla verso una soluzione che affranchi i cittadini dalle dipendenze della politica partitocratica. Per fare questo, però, temiamo che non sia sufficiente convocare un incontro in cui qualcuno fa domande e un Sindaco risponde. Avremo modo nei prossimi giorni di chiarire quale sia realmente il rapporto che si è stabilito tra il cittadino e chi lo governa verso e attraverso la crisi, e quali le vie decisive per venirne fuori. Cambiare si può: purché sia un cambiamento profondo.         
       

sabato 8 giugno 2013

il mattinale    sabato 8 giugno 2013


Dedicato alla senatrice Silvana Amati, che propone di rilanciare il decreto contro il negazionismo storico dell'olocausto

Gentile Silvana, l'Italia non ha bisogno di un decreto che commini pene, ma di riconoscere e rinnovare la propria originalità culturale: una biodiversità della quale spesse volte ci scordiamo di essere orgogliosi. Le propongo, a conferma, di rileggere una pagina della filosofa ebrea e tedesca Hannah Arendt dal libro "La banalità del male", scritto nel 1961.


 Hannah Arendt


"L'Italia era uno dei pochi paesi europei dove ogni misura antisemita era decisamente impopolare, e questo perché, per dirla con le parole di Galeazzo Ciano, quei provvedimenti "sollevavano problemi che non esistevano". L'assimilazione, questa parola di cui tanto si abusa, era in Italia una realtà. Qui l'antisemitismo non era un'ideologia, qualcosa in cui si potesse credere, come era in tutti i paesi di lingua tedesca, o un mito e un pretesto, come era soprattutto in Francia. Il fascismo italiano, che non si poteva dire "spietatamente duro", aveva cercato prima della guerra di ripulire il paese dagli ebrei stranieri e apolidi, ma non vi era mai riuscito bene, a causa della scarsa disposizione di gran parte dei funzionari italiani dei gradi inferiori a pensare in maniera "dura".  E quando divenne questione di vita o di morte, gli italiani, col pretesto di salvaguardare la propria sovranità, si rifiutarono di abbandonare questo settore della loro popolazione ebraica; li internarono, invece, lasciandoli vivere tranquillamente finché i tedeschi non invasero il paese. Una simile condotta non si può spiegare con le sole condizioni oggettive (l'assenza di una "questione ebraica"), poiché naturalmente questi stranieri costituivano in Italia un problema così come lo costituivano in tutti gli altri stati europei, fondati sull'omogeneità etnica e culturale delle rispettive popolazioni. Quello che in Danimarca fu il risultato di una profonda sensibilità di una nazione che vuole essere veramente indipendente, in Italia fu il prodotto della generale, spontanea umanità di un popolo di antica civiltà."  


Tanto più ne siamo consapevoli noi marchigiani, gentile Silvana, dal momento che molte di queste residenze coattive si trovavano, appunto, nelle Marche. Anche a Senigallia ne abbiamo buoni  esempi. Edmo Leopoldi, per richiamarne uno, non ha bisogno di citare principii generali o articoli di legge quando racconta, senza enfasi alcuna: "Noi durante l'occupazione tedesca abbiamo salvato Carcassone. Quando andarono, i soldati tedeschi non trovarono nessuno a casa sua semplicemente perché lui era a casa nostra, dove noi lo tenevamo nascosto". 
Ricorda il vecchio Carcassone, Silvana, alla guida della sua millecento? Questo ricordo lo deve al nostro Edmo, non a una legge che ne tuteli la memoria o che condanni chi pensasse che si è inventato tutto.     




giovedì 6 giugno 2013

il mattinale    giovedì 6 giugno 2013


"I Cinque Stelle propongono di detrarre dalle cartelle esattoriali i crediti con lo Stato e la Camera approva all'unanimità."



Visto cosa ci voleva? Grazie, onorevoli Grilli. Siamo fieri di voi.

martedì 4 giugno 2013


il mattinale  mercoledì 5 giugno 2013


Ideona del SEL per ovviare ai disagi dovuti all'orario estivo della Biblioteca Comunale:


Sel Senigallia: “inconcepibile ridurre gli orari della Biblioteca già a giugno”

Il partito aprirà la propria sede due giorni alla settimana per ovviare ai disagi

Presa visione del nuovo orario estivo della Biblioteca comunale Antonelliana, Sel Senigallia apre agli studenti che hanno bisogno di uno spazio per studiare la sua sede di via Gherardi 18.



Pare che loro non c'entrano niente con chi ha deciso l'orario inconcepibile? 
Non hanno per caso un consigliere comunale che sostiene la Giunta?