il mattinale martedì 30 luglio 2013
per auspicata concessione della Gent' d' S'nigaja inc.
LA CONCORDIA REGIONALE E UNA SCIALUPPA CHIAMATA SENIGALLIA
Se l’arte del governo è spesso paragonata a quella del
nocchiero che con mano ferma e tra mille pericoli, guida la nave verso porti
sicuri, è molto probabile che il barchetto chiamato “Senigallia” sia arrivato ormai
in vista dell’Isola del Giglio. La difficoltà di comporre oggi il bilancio comunale
non parla solo di una signora Merkel che costringe i pigs nello stipo del patto
di stabilità, ma anche di una cattiva navigazione della politica locale. E dire
che da molte parti negli anni passati erano giunti appelli a non chiudere i
futuri orizzonti nel Borgo delle Torri, dove con infelicissimo slogan si tentava di vendere il sole che sorge.
Il nostro Schettino, però, non si è sbagliato nell’atto di osare nuove
vie, nuovi passaggi, ma in quello di perseverare nella vecchia politica del
mattone ormai giunta al saldo di un’era; e quando mostrò di non avere paura, fu
solo nell’enfasi e nella protervia.
Questa smania di essere primi introdotta nelle retoriche dell’amministrazione
dalle giunte luan-rodaniane non ha fatto altro che portare più rapidamente la
nostra città sull’orlo del precipizio. Chi si aggiri tra il vuoto che sta sotto
la ciminiera e il giardino su cui si affacciano lo Stabilimento Bagni e il
Palazzo del Turismo penserà forse che la colpa sia della BCE o del fantasma di
Milton Friedman. Oppure di una giunta comunale velleitaria quanto incapace di
leggere la realtà. Forse non è così, o forse non è solo così. Forse è solo la
corrente che ci spinge mentre noi immaginiamo di guidarla o anche, addirittura,
di precederla.
Il caso Italcementi meglio di ogni altro ci ha fatto capire
che stavamo sbracciandoci nella corrente. Variamente si è tentato di spiegare
il perché la vendita del sole-che-sorge non andava avanti. Si disse per la
dimensione imposta agli appartamenti; oppure per l’alto costo del terreno. Si
disse che una crisi grave come questa non era in nessun modo prevedibile. Nessuno
però riuscì a spiegarsi il perché la Banca delle Marche si fosse esposta così tanto
nel finanziare l’operazione, anzi, l'operatore.
Ora, che Senigallia sia solo una scialuppa della grande Concordia
marchigiana, lo si vede bene dallo stato in cui versa la banca regionale.
“La Banca delle Marche”, scrive Giorgio Meletti sul Fatto Quotidiano di
martedì 23 luglio, “si è distinta perché dopo il 2008, mentre gli altri
istituti italiani chiudevano i rubinetti alle società immobiliari, ha
deliberatamente ignorato la crisi del mattone innescata negli Stati Uniti e ha
continuato a largheggiare in crediti al settore”.
“Un altro Montepaschi Siena”, titola l’articolo, per
precisare poi che tra coloro che hanno
beneficiato di crediti che oggi mettono nei guai la banca, c’è “il noto gruppo
che fa capo alla famiglia Lanari”. Ma sì, lo sapevamo già: un articolo di
giornale serve a precisare e a garantire libertà di espressione.
Che meraviglia poi se su quei crediti un’amministrazione
comunale pensi di poter costruire consenso e futuro? La virtù di ingannarsi da
soli è resa facile dal fatto che poi saranno altri a pagare la disillusione.
L’albergo a cinque stelle? Ma fateci il piacere. Per la maggior parte dei
senigalliesi era una chimera, per i più riflessivi un falso scopo, un montaggio
delle attrazioni. Chissà se nessuno mai osò mai parlarne personalmente a nostri
sindaci, o se invece tutti si limitarono, incontrandoli ogni giorno, a stringere
loro la mano?
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